Restami ora a dire un'ultima parola intorno all'inopportunità di questa innovazione ed è questa la parte piú incresciosa del mio assunto, poiché se, discutendo le altre obiezioni, ho dovuto rivolgermi alle diverse gradazioni dei partiti nazionali pei quali è piú o meno discutibile il principio medesimo, per combattere questa mi è d'uopo guardare alla democrazia, perché da lei sola, che per necessità di coerenza ammette il principio, parte questa paurosa, illogica e vaga obiezione.
Che cosa è l'opportunità?
Per me l'opportunità è un concorso di circostanze omogenee e compatibili con l'affermazione dell'oggetto che si considera. Le circostanze omogenee in questo caso sono il trovarsi in esse i requisiti che si esigono dagli elettori, la possibilità di seguire nella scarsa misura convenevole gli avvenimenti politici, interessi e bisogni da guarentire, la possibilità materiale di compiere l'atto del voto. Ora quale di queste condizioni manca alla donna?
Io temo piuttosto che l'inopportunità sia tutta nelle disposizioni dell'animo vostro, o nel non esservi abbastanza convinti della identità dei principii che reggono le sorti umane in ambo i termini della specie.
So che i re non hanno mai creduto alla opportunità delle repubbliche, e i papi non hanno mai creduto un momento alla opportunità del libero esame. Ma re e papi tengono le radici nella tradizione ed in un ordine di idee assoluto, immutabile come il passato. Il loro non possumus è la resistenza della logica. Ma Voi, con quale diritto e con quale logica respingete le conseguenze pratiche di idee che sono le ragioni dell'esser vostro?
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