«Tutte quante apparteniamo alla grande famiglia dei diseredati; con essa dividiamo le fatiche e le privazioni; con essa dunque vogliamo sperare e combattere fino alla completa emancipazione da ogni sorta di servaggio.»
Ricordarvi queste parole e questi concetti che stanno a capo del vostro Statuto sociale vale quanto dire che io mi vedrei qui a parlare a convertiti; e che tutto quanto io posso dirvi intorno ai vostri interessi ed alle vostre aspirazioni, Voi lo sapete gią, non solo, ma č gią in Voi convinzione, č gią divenuto succo e sangue nelle anime vostre.
Tuttavia, l'avermi Voi invitata ad essere Madrina della vostra bandiera, di quella bandiera nelle cui pieghe sta scritto «Emancipazione», mi obbliga a svolgere questo argomento.
E con gioia io lo raccolgo, e lo svolgo davanti a voi nelle condizioni dell'oggi.
Fino dalla mia prima giovinezza esso fu il grido infaticabile dell'anima mia.
Quel grido echeggiava allora in un deserto, e in mezzo ai delirii giulivi della recente libertą, esso non suscitava intorno a me che scandalo e derisione.
Quegli uomini che avevano cospirato per la libertą, sofferto nelle fortezze nordiche e sfidato i patiboli nel nome santo di essa, che aveano combattuto per lei, che la ponevano al dissopra d'ogni umano bene, che si ribellavano dal fondo dell'anima all'idea di essere sudditi e non cittadini - quegli stessi uomini non capivano che la donna potesse ribellarsi alle catene e si sdegnasse dello stato di servitś; - essi che si erano emancipati dal dogma, si scandalizzavano che la donna ripudiasse la condanna biblica alla eterna soggezione; - essi che si erano conquistati con battaglie cruente i diritti politici, si meravigliavano che la donna volesse, dicevano, caricarsi le spalle dell'uggioso fardello del voto, far l'elettore e l'eleggibile, e aspirare a cotali altre miserie delle quali č tribolata la vita del libero cittadino.
| |
Statuto Madrina
|