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      Per essi la donna avea torto marcio se non si sentiva felice, Vestale dal peplo affritellato, accanto alla pentola; era degenere, ridicola, se non sentiva di quale e quanto decoro la rivestisse la sua condizione di pupilla e di interdetta, di proprietaria libera soltanto di fare il suo testamento, di madre investita di una patria potestà teorica, datale con la magna solennità con la quale i nostri legislatori affermano i grandi principii; e toltale con quella disinvoltura con la quale essi sono usi di trattare la gente di cui non hanno bisogno.
      Per loro che interessi avea mai, la donna, da difendere o da far valere? Dacché gli uomini erano soddisfatti che cosa mancava alle donne? Evidentemente esse erano pervertite, deliranti, si era in presenza di un fatto morboso, patologico.
      Non è meraviglia se, dopo aver durato lunghi anni in una controversia sostenuta dagli innumerevoli avversarii, in parte con tutta la ingenuità d'un egoismo lungamente educato,(21) e in parte con evidente mala fede, io non abbia receduto dall'antica convinzione mia; non solo, ma che per dippiú io creda oggi piú che mai fermamente, che la rivendicazione dei diritti civili, politici e sociali della donna, è la suprema, la piú importante, la piú decisiva di tutte le questioni sociali; e, non che accessoria e relativa, come la predicano taluni socialisti che pure la comprendono, io pensi ancora essere questa questione la rocca, la cittadella dove rifugiati il diritto divino, il diritto della forza, e il sistema dello sfruttamento di un individuo sull'altro, possono ancora sfidare per secoli tutte le rivoluzioni possibili.


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La liberazione della donna
di Anna Maria Mozzoni
pagine 272

   





Vestale