Infatti il diritto divino perseguitato e trafitto nella teocrazia e nella monarchia, si appiatta e si nasconde nel diritto del maschio, che permane indiscusso e aprioristico, al diffuori d'ogni base razionale di diritto. Il diritto della forza sconfitto dalla filosofia e dal giure interno ed internazionale delle genti civili, perdura nell'uomo di fronte alla donna a mantenere il monarcato domestico, e tutte le impotenze, incapacità ed esclusioni di lei, le quali tutte concludono in un aumento di beneficii e di forza giuridica, domestica e sociale per l'uomo.
Il sistema dello sfruttamento capitalistico costretto a capitolare di fronte alla resistenza operaia rimpetto all'uomo, continua e continuerà a sfruttare la donna con la minore mercede, perché il salario partendo per lei da un criterio speciale, continuerà ad applicarsi non al valore del lavoro, ma all'inferiorità del lavoratore.
Senza mettere nel conto lo sfruttamento che le deriva oggi e continuerà a derivare alla donna, dalla esclusione dalla maggiore e piú nobile e piú lucrosa parte del lavoro sociale; per cui, esclusa dalla concorrenza, deve offrire allo sfruttamento la sua propria persona e lasciarsi divorare, infangare, opprimere, dispregiare al dissotto del bruto.
Per tutte queste ragioni la rivendicazione dei diritti della donna e la redenzione di lei è la suprema, la piú vasta e radicale delle questioni sociali; è quella che andrà a sfidare fino nei suoi ultimi trinceramenti l'egoismo dell'uomo, la sua libidine di dominio e di sfruttamento, quella che non lascierà indifferente né un uomo, né una donna, quella che dal trono al tugurio, ad ogni talamo, ad ogni focolare porterà la controversia e la lotta, e conterà in ogni casa una vittoria e una sconfitta.
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