Cosí Proudhon dopo avere, con una cotal aria di fastidio, vagliato e dibattuto fra sé e sé, il problema della posizione sociale della donna, conclude, che «cortigiana o massaia, egli non vede per lei altra uscita. Ella è per lui una creatura irrazionale, inferiore, al diffuori della giustizia; fatta anzi per tollerare la ingiustizia».
Michelet, tutto sdilinquito nell'amore e nel miele, riguarda la donna come una bimba malata, che ha bisogno incessante di cure, di riguardi, di minute ed amorose sollecitudini da parte dell'uomo.
Per lui, quindi, considerare codesta graziosa e fragile impotenza, come una capacità, come un valore, volere che serva a qualche cosa, che lavori, che produca alcun che, oltre i bimbi; che assuma delle responsabilità, degli ufficii, delle funzioni, è una brutalità, una ingiustizia, una barbarie. - Parlare per lei di diritti, di dignità, di personalità giuridica, politica o sociale è un non senso.
Il Comte ama figurare l'uomo rivestito, rispetto alla sua famiglia, di una specie di pontificato, o monarcato teocratico, in forza del quale egli risponde di essa in faccia alla Società ed alla Natura, con una miscela ben condizionata di diritto divino ed umano, naturale e scritto; e quindi i figli nella minore età, e la moglie perennemente, non hanno personalità propria, ma sono del tutto assorbiti nella personalità del padre e del marito, che impersona la famiglia, la rappresenta, la riassume, la contiene.
E codesto criterio, a cento anni dalla dichiarazione dei diritti dell'uomo e della grande Rivoluzione che ha posto sugli altari la dea Ragione al posto del Dogma, regna tuttora felicemente nei nostri codici, ed è bevuto avidamente dalla acerba gioventú che si affolla intorno alle cattedre universitarie.
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