A me sia lecito colla scorta dei più accreditati filosofi di mettere due distinte potenze nell'uomo, l'una spirituale, l'altra corporea. La prima, è da noi appellata mente, o sia intelletto ed intendimento umano, che è la facoltà primaria e più essenziale delle creature ragionevoli, o la funzione più rilevante dell'anima nostra. Vi ha qualche moderno filosofo, che non vuol riconoscere in essa anima umana per due facoltà distinte l'intelletto e la volontà, sostenendo essi, che l'intendere e il volere non sono che azioni diverse della medesima anima. Poco importa il disputare di questo. Per fare in quella maniera, che si può qualche notomia dell'indivisibile spirito umano, e delle sue azioni, sempre gioverà il valersi della distinzione suddetta d'intelletto e volontà, come di due facoltà o potenze, che producono atti molto differenti fra loro. Aristotele e i suoi seguaci immaginarono nell'anima dell'uomo altre potenze, come la cogitatrice, l'estimatrice, la memoria, la reminiscenza, la conformatrice, la concottrice, l'appetitiva, le motiva, ed altre simili, che son tutte divisioni ideali, benché certi sieno gli atti attribuiti a queste immaginate potenze. Situarono ancora nella parte deretana del cerebro la facoltà memoratrice; la fantasia nella parte anteriore di esso cerebro, o sia nella fronte; e l'intelletto nel mezzo di questo. Ma noi possiam bene immaginare così fatti ripostigli e partimenti nel capo umano, ma senza poterne rendere ragione o pruova alcuna, che vaglia. È lecito bensì agli astronomi il dividere in varie provincie il disco lunare, e dare il suo nome a cadauna di esse, perché quel globo lo veggiamo, ed è infallibile contener esso una vasta estensione, quantunque inferiore di molto all'ampiezza del globo nostro della terra.
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