Queste picciolissime immagini vanno ad imprimersi nelle volute e piegature del cervello. Ma qualora la mente si mette a contemplar queste idee, truova in esse non già un picciol punto, non un solo compendio di quegli oggetti; ma bensì l'intera loro figura, con tutto l'equipaggio delle medesime. Cioè alla mente comparisce quell'uomo nella tale fattura; miriamo quel principe, come il vedemmo a cavallo, con quell'abito sfarzoso del tal colore, coll'accompagnamento di quei paggi e cavalieri, e ciò ch'egli fece in quella magnifica funzione, tutto al naturale, come se di nuovo il mirassimo in fatti. Chi ha mai tornate ad ingrandire quelle sì picciole immagini, che furono trasportate alla fantasia? Come mai posso io (e pur lo posso) mirare in essa così grande e circostanziato quell'oggetto, e un'infinità di altri simili, che stanno ivi dipinti? Un'occhiata ancora a quel, che ci rappresenta il ristrettissimo spazio della fantasia. Chiunque è versato e ben pratico di una vasta città, primieramente mira l'interna idea del tempio maggiore, e sel vede comparir davanti in tutta la sua grandezza. Potrebbe disegnarlo e descriverlo tale quale è: osserva poi nel cerebro suo la vicina gran piazza con tutte le fabbriche della sua circonferenza. Questo è poco. Può mirare tante sue strade, tanti palagi e case, tante chiese, torri, spedali &c. chi abituato per lungo tempo in essa città, se perdesse la vista, e divenisse cieco affatto, ciò non ostante consultando le immagini della sua fantasia, potrà pian piano camminar per la stessa città, e dirvi: ora io mi truovo in questa, ed ora in quell'altra parte.
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