A chiarir poi meglio, che la stanza materiale di essa memoria non si ha da cercare se non nella fantasia, può servire un fenomo, di cui ciascuno sovente è testimonio a sé stesso. Noi ci mettiamo a recitare l'orazion domenicale, o pure un salmo, che sappiamo, come suol dirsi, a memoria. A tutto un tempo l'anima vien distratta da un diverso fantasma, riguardante un negozio di molta dilettazione, utilità, o paura. A questo ella rivolge tutta l'applicazione, e fissa in esso i suoi sguardi, cioè il pensiero. E pure noi seguitiamo a recitar da capo a piedi quella orazione, ed altre se occorre, ovvero il salmo suddetto. Se l'anima non bada a quelle parole, segno è che da essa non viene la continuazion di essa parola, ma bensì dalla fantasia, perché nel cerebro stanno impresse e fitte l'una appresso all'altra coll'ordine loro esse parole; e da che le prime son pronunziate, l'altre a guisa di una catena, pendenti dal primo anello, seguitano ad uscir fuori, senza che l'anima altrove occupata se ne avvegga. Certo è, che allora essa anima non si ricorda, né esercita atto alcuno di memoria. Ma questo fa ben conoscere, che nella fantasia e nella parte materiale stanno le immagini, delle quali poi la parte spirituale si serve, allorché vuol ricordarsi. Aggiungasi, poter noi argomentare lo stesso dalla osservazione della dimenticanza. Suol accadere a i vecchi, (e perciò anch'io lo pruovo), che al bisogno non si ricordano né pure del nome o cognome di qualche lontano amico. Ed alcuni arrivano a dimenticare infin quello de i proprj servitori.
| |
|