Posto poi, che il Locke pretenda materiale l'anima nostra, non ha egli più bisogno di mettere la fantasia come una facoltà della materia, distinta realmente dalla sostanza da noi ritenuta per incorporea e spirituale; perché secondo lui: l'intelletto fa la funzione della fantasia, né altro è che materia, dove si vanno a fissar le immagini o idee delle cose. A questo fine esalta egli a mio credere l'esempio di molti altri animali, come egli dice, e nei quali si osserva in alto grado questa facoltà di unire e conservar le idee nella forma stessa che succede nell'uomo: parole, che sembrano maggiormente indicar la mente di un filosofo, da cui non vien riconosciuta, se non la materia nell'emporio della natura; e parole, che non si accordano coll'aver di sopra detto, essere le nostre idee fitte nella memoria, e che ciò non ostante non sono in parte alcuna. Che il Locke abbia dato luogo di sospettare, ch'egli non credesse diverso l'uomo da i bruti, l'hanno anche osservato e detestato gli stessi inglesi. All'assunto mio non appartiene di dirne di più, cioè di confutar questi empj sentimenti, caso che il Locke li nudrisse. Parlo ora a i lettori lontani da sì fatte chimere, e persuasi della spiritualità dell'anima nostra, e che meco ammettono nel cerebro, o sia nell'immaginazione, il serbatojo delle idee, per suggerirlo di mano in mano alla mente secondo i suoi bisogni.
E ciò sia detto, per quanto può il corto nostro intendimento immaginare, e con tutta probabilità concepire dell'intero sistema, e dell'operare dell'anima umana, finché sta unita al corpo.
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