Poiché qualora si vuol considerare questa incorporea sostanza separata da esso corpo, noi entriamo in un maggior bujo, mancando qui più che mai alla filosofia sensazioni, sperienze, e mezzi per conoscere, come ella operi, cioè come si ricordi. Abbiam fortissime ragioni prese dalla filosofia, per provare l'anima umana immortale, o sia incorruttibile; e di ciò poi ci assicura l'infallibil rivelazione di Dio. Ma questa rivelazione, dopo averci insegnato, che le anime de' buoni vanno a godere un'immensa felicità nella vista di Dio amico, e quelle de' cattivi a provare una somma infelicità, loro destinata da Dio, per così dire, irato, e giusto punitore: non ci spiega poi, come le anime sciolte dal corpo, e giunte al loro termine, o pure ritenute in uno stato di mezzo, si ricordino, e quali idee portino seco all'altra vita. Giusto nondimeno è, anzi sembra necessario il credere, che l'anima separata ritenga le idee intellettuali: cioè, che sempre in lei duri l'idea acquisita di Dio, e de' suoi ineffabili attributi, e de i doveri d'una creatura verso del suo creatore, e della bellezza della virtù, e della deformità del vizio. Potendo essa anima sempre pensare, e raziocinare, questo a lei basta per rinnovare in sé la cognizione, o sia l'idea del supremo suo artefice e padrone, coll'altre idee dipendenti da questo primo principio, senza ch'ella abbia bisogno del soccorso della fantasia. E se talun volesse da ciò inferire, che anche l'anima congiunta col corpo può ricordarsi di tali idee, senza ricorrere alla fantasia; si torna a ripetere, che questo ricordarsi sempre si risolve in pensare, cioè in una azione propria dell'intelletto, e perciò essere superfluo, il mettere la memoria per una facoltà realmente distinta dall'intelletto e dalla volontà. Finalmente se un'anima sciolta giugne a veder Dio, in lui può essa vedere tutto quanto a lei occorre per essere sommamente felice, e sapere infinite cose.
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