Ma convien bene avvertire, quanto sia più prezzabile, l'aver portato dall'utero materno un buon intelletto, che una buona memoria. Il difetto o la povertà di questa si può in qualche maniera riparare col molto leggere, ed anche rileggere le stesse cose. Il vigore dell'intelletto, che ingegno suol nomarsi, nol dà se non la natura, quantunque vero sia, che il coltivar collo studio quella dosa, che n'è a cadauno toccata, può non meno a noi, che ad altri riuscire d'utilità. Per applicarsi poi alle scienze, all'arti, al politico governo &c. né pur basta il buon intelletto, se questo non si affina in maniera, che produca il retto giudizio, di cui abbisogniamo in tutte le operazioni, che riguardano tanto lo studio delle lettere, che l'uso della nostra vita. Che anche si dia l'arte di accrescere la memoria, l'ha asserito Cicerone, con altri antichi, e Giulio Camillo si pretende, che la sapesse ed insegnasse. Ma son io persuaso che senza il fondamento d'una gran memoria naturale non possa sussistere l'artificiale. E che quest'ultima sia atta solamente a far de' ciarlatani, e non già degli uomini veramente scienziati, si potrebbe provar colla sperienza alla mano. Lo stesso è da dire dell'arte lulliana, risuscitata nel secolo prossimo passato dal padre Kirchero. Chi ha voglia di leggere molto, e d'imparar nulla, cioè di perdere il tempo, vada a conversare con sì fatti libri.
CAPITOLO VDe i sogni.
Niuna riflessione ordinariamente noi facciamo a i nostri sogni, perché li consideriamo, e con ragione, scherzi e divertimenti vani della nostra fantasia, che nulla c'istruiscono del presente, e nulla ci predicono dell'avvenire.
| |
Cicerone Giulio Camillo Kirchero
|