Ma sembra ben più probabile, che senza alcuna licenza della mente sieno commossi i fantasmi nei sognanti dagli spiriti del sangue, o degli altri fluidi del corpo umano; e che la scena succeda poi sotto gli occhi, per dir così, della mente stessa. Quel sì gran saltellare e variare di oggetti, che fa allora la fantasia, e non di rado con tanti disordini, senza che alcun freno la ritenga, non convien punto alla mente, la quale se vegliando fa talvolta de i castelli in aria, cioè se va immaginando avventure possibili, gustose e disgustose, li fa con ordine, e con troppa dissomiglianza da quei della fantasia, che sogna.
Secondariamente, che la mente non solo sia spettatrice dei nostri sogni, ma che v'intervenga ancora come attrice, non si può negare. È indubitato, che nei sogni placidi si osservano azioni ben guidate e continuate con de i colloquj proprj di chi veglia, e parla a tuono. È succeduto ad alcune persone di formare de i bei versi dormendo. Il padre Ceva fra gli altri nella vita del Lemene poeta italiano celebre, ci assicura, ch'egli sognando ne fece degli assai belli. Anzi io posso attestare, che nella notte precedente all'ultimo dì dell'anno 1743 sul far del giorno mi parve di vedere un cavaliere assai nobile, benché niuno di quella famiglia fosse di professione ecclesiastica, il quale salito ad una gran dignità, cortesemente mi esibiva la sua protezione. Commosso anch'io dal suo dire, mi raccomandava a lui, e mi venne fatto il seguente pentametro:
Et quum multa queas, fac quoque multa velis.
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Ceva Lemene
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