Osservai, che contra il mio solito io non sognavo più. Di certi moti involontarj degli umori del corpo in dormendo io più non mi accorgeva, quando mi erano sensibili in addietro. Dopo la settima battuta del polso una ne mancava. In somma si potea scorgere infetta la massa del sangue; ma io non ne feci mai caso, finché nell'anno 1720 si attaccò fuoco alla macchina, ed ebbi una lunga e pericolosa malattia di febbri maligne. Il gran bere dell'acqua e il sudare fu quello, che mi rendé la salute, e rimise nella primiera armonia il corpo. Ad altro non seppi attribuir la cagione di questo mio malore, che alla stessa fabbrica, o per gli effluvj delle calci, o per quei dei fondamenti cavati in siti, dove erano materie putride e puzzolenti. Anche tutti di mia famiglia un dietro all'altro s'infermarono. Però guardatevi dal fare spesse visite a somiglianti fabbriche. Oltre al mio ne ho io osservato qualch'altro funesto esempio. Mi colse quella malattia in tempo, che si ragionava forte di certuno, che avanzandosi molto nella corte del Principe nostro, io assai prevedeva, che arriverebbe ad essere in essa il fac totum, e a introdurre la discordia nella ducal famiglia, e ad inventar nuovi aggravj in danno del pubblico; cose, che poi avvennero tutte, dappoiché fui guarito. Delirio, cagionatomi dalla febbre, questo era il fantasma, che predominava. Tutti i sogni, più di gran lunga allora tormentosi a me che la vigilia, sempre battevano in questo; poscia svegliato mi andava accorgendo del mio delirio.
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Principe
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