Certamente chi ha letta la vita di Antonietta Burignon, nata cattolica in Lilla di Fiandra, morta non si sa di qual religione nel 1680 e tanto esaltata dal visionario calvinista Jurieu, e quante rivelazioni ella spacciasse, e quanti libri componesse: dee bene aprir gli occhi in queste materie, e conoscere a quante illusioni sia sottoposta la fantasia divota delle femmine: disgrazia, da cui non sono andati esenti alcuni ancora uomini di rara pietà.
Questi pochi avvertimenti mi piace di chiudere con due altre avventure, acciocché si vegga, di che mirabili sintomi sia capace l'anima e la fantasia umana nelle astrazioni ed alienazioni di mente. Nell'anno quinto della decuria seconda, osservazione centesima vegesima nona delle Efemeridi germaniche, racconta Gian. Lodovico Hannemanno, che nell'anno 1684 una donna maritata ad un colonnello della nobil casa Ranzov, presa da febbre maligna, era, come diciamo, fuori di sé. Ma in quel delirio cantava con voce gagliarda, e insieme con tal dolcezza e garbo alcune canzoni rimate, che esso medico attesta di non aver mai udita più soave melodia. Quello, che parve ancora più maraviglioso, essa componeva quelle canzoni, e dava loro il tuono, senza che si trovassero in libro alcuno. Nel Zodiaco medico gallico al gennajo osservazione prima parimente si legge che una nobil fanciulla per ardentissima febbre venne ad un furioso delirio: cessato questo, rimase senza senso e moto, di modo che fu creduta morta, né si pensò ad altro, che a prepararle il funerale.
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