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      Certo chi sapesse allora far questa diversione, risparmierebbe a sé de i grandi affanni. Ciò si fa dopo qualche tempo, cioè dappoiché smontata la forza di quel sì molesto fantasma, luogo resta all'anima di considerar la volontà di Dio, l'inutilità dei lamenti ed affanni per avventure, alle quali rimedio non ci è, ed altre ragioni della filosofia cristiana, o morale, cioè idee contrarie a quelle, che accompagnavano il fantasma, dianzi cotanto tormentatore: in guisa che esso da lì innanzi o non si mira, o se si mira, non cagiona più la provata inquietudine precedente. Per conto poscia di altri fantasmi di minor polso, ma continuati, il non liberarsene, o il non ispogliarli di certi attributi dispiacevoli, o creduti nocivi, per lo più viene non da impotenza, ma da trascuratezza dell'uomo, che non si mette al forte per ben regolare la propria fantasia. Per quanta avversione abbia taluno a qualche determinato cibo, se ha fame il premerà forte, né altro vi sia, con quel cibo molto ben egli farà la pace. Così gl'infermi, pel desiderio di guarire, inghiottono alle volte medicamenti, che sani troppo abborrirebbero, e forse con ragione. Perché dunque non potrà la volontà risoluta di un uomo reprimere e modificare non pochi de i fantasmi o naturali o acquisiti, che la mente può facilmente conoscere non assistiti da ragione alcuna? Il che sempre va inteso, purché la fantasia conservi quella flessibilità, che noi tutto dì proviamo in noi stessi. Cioè apprendiamo varie idee di cose, o le formiamo colla mente nostra, imprimendole poi nel cerebro con gli attributi, o sia coll'altre idee di vere, di belle, o di giovevoli.


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Della forza della fantasia umana
di Ludovico Antonio Muratori
Editore Pasquali Venezia
1745 pagine 212

   





Dio