Avrete conosciuto uomini perduti nell'amore o amorazzo di qualche loro amica. Immagina talvolta la buona gente, che costoro non se ne possano distogliere per qualche malìa, che gli abbia affascinati. A niun'altra cagione si dee attribuire questo sì forte lor legamento, che all'idea di quell'oggetto, circondata da tutte l'altre idee di piaceri (forse anche illeciti) che da essa ridondano, parendo a costui, che la maggior sua felicità sia riposta in quella amicizia, e che ne morrebbe di spasimo, ove se ne volesse troncare il filo. Lo stesso avviene agli abituati nell'amore soverchio del vino, del giuoco, della gola, e simili. Così la dominante idea del guadagno torna spesso davanti all'anima del mercatante, e del non mercatante, e molto più dell'avaro, per tacer altri esempi. Dall'aspetto di così poderosi fantasmi agitata poi l'anima, sente un'impulso interno ad operar quello, che si accorda con essi, lodevole o biasimevol che sia. Tale è quest'urto ed impressione, che fa il dominante fantasma nell'anima; che quantunque a noi non possa levare la libertà dell'arbitrio essenziale all'uomo, e non manchino ajuti sopranaturali al cristiano; pure essa anima turbata o non fa l'esame convenevole delle cose per eleggere l'onesto, e schivare il vizio; ed ancorché la mente le rappresenti le ragioni di non operare secondo quell'oggetto, pure si lascia trasportare ad azioni discordi dalla retta ragione, e conforme ad esso seduttore fantasma. Quella medesima agitazione e molestia, ingenerante nell'anima un forte desiderio delle cose, la quale dicemmo provarsi da un fanciullo all'aspetto d'un frutto o cibo a lui caro, la pruova anche l'adulto goloso al ricordarsi d'una vivanda, assaggiata da lui ben saporita, e più al vederla, o pure all'udir la descrizione d'un lauto convito.
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