Allorché l'anima nostra si specchia in questa idea, rappresentante l'oggetto io, che pure da lei fu formata, truova per lo più in essa più ingegno, più sapere, più merito, più bontà, di quel che porta la verità, e così discorrendo degli altri lodevoli attributi, che possono convenire ad una determinata persona; anzi spesso vi truova quello, che mai non vi fu. All'incontro non suole ivi l'anima discernere attributi svantaggiosi, né mancamenti: così ben sa dipingere l'amor nostro col suo adulator pennello noi a noi stessi. Viene uno, e si mette a farci conoscere, che abbiamo operato in quella tal congiuntura; che c'inganniamo in quell'altra, e che la sentenza da noi tenuta in un consulto, in un libro, in un affare, è falsa e dannosa. Allora diam nelle smanie, perché costui ci niega quell'ingegno, e quella avvedutezza, che noi pure miriamo concatenata coll'idea di noi medesimi. Non possiam sofferire chi vuol guastare e correggere un idolo a noi sì caro, e ridurre quel ritratto più somigliante al vero, con farci scorgere, falso essere, che abbiam tanta penetrazione di mente, tanta letteratura, come ci siam figurati, perché sedotti dall'amore di noi stessi. Può stendersi questa vantaggiosa idea a tutte le nostre azioni, a i nostri genj, a quel che possediamo, a quel che pretendiamo e speriamo. Certamente non si può dire, che caro idolo sia quel della gloria ne' letterati, e in molti guerrieri. Idolo, che li sprona a grandi fatiche, e li espone a tanti pericoli. Similmente osservate, che amabile, che specioso oggetto sia nella fantasia di alcuni un cappello cardinalizio, o altro posto assai cospicuo, per cui si credono di avere il merito, e tengono giustizia il conseguirlo.
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