Che fa poi questo fantasma? Non dà posa all'anima, torna di tanto in tanto davanti alla mente, e sto per dire, la perseguita, rappresentando sempre il guadagno possibile, di maniera che quando essa mente lasci nel suo essere quel caro vigoroso fantasma, cede finalmente al suo impulso, portando la volontà a cercare il danaro occorrente per tentar la fortuna. Questo danaro (volesse Dio, che non fosse così) per chi non l'ha, bene spesso si cerca coll'impegnare, col rubare, con iscialaquar la pudicizia, o con altri abbominevoli, o troppo dannosi mezzi. Sulla falsa credenza poi di pervenire alla vincita, si bada ai sogni, a gli augurj, si ricorre alle superstizioni. Una pazzia maestra se ne tira seco dell'altre. Ma non cade in questi reti, chi è saggio ed ha mente superiore a i brutti giuochi della fantasia; perché o pondera sul principio gli inganni ascosi sotto la bella apparenza dei giuochi; o pure se nel principio non ha ben esaminate l'idea di essi, andando innanzi, meglio la pesa, tanto che scorge la vanità delle speranze fondate sopra un sì spropositato azzardo. Vero è, che il tale ha guadagnato; ma centinaja, anzi migliaja ne sono usciti burlati, e colla borsa vuota. Si può, è vero, cogliere un terno, o un pezzo di argento; ma secondo le pruove algebraiche essendo quel terno confuso con migliaja di combinazioni inutili, e il biglietto di un pezzo di argento mischiato fra migliaja di biglietti vani: quasi lo stesso è l'esporre in simili giuochi il suo danaro, che l'essere certo di perderlo.
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Dio
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