Il frutto vero, che avrebbe da ricavarsi dal veder venir meno le forze nostre nel voler disciferare le cagioni, le maniere, e i fini di tante maravigliose fatture, che essa natura nasconde al guardo nostro: dovrebbe essere quello di conoscere, ammirare, e benedir l'autor della natura, cioè quella mente, e potenza infinita, la qual sa e può far tante cose superiori all'intendimento nostro. Per altro quando un sistema sia così saggiamente architettato, che niuna contradizione involva, e possa soddisfare a tutti i fenomeni ed effetti della cosa proposta, non sia da defraudar di sua lode l'ingegnoso inventore.
E non è già passata la voglia di fantasticar anche nella teologia, trovandosi professori di questa scienza che si mettono a ventilare nella loro immaginativa gli arcani astrusi della divinità, della predestinazione, dell'economia della grazia di Dio; e come vedessero co' proprj occhi le tele ordite da chi ci ha formati, francamente ideano varj decreti nella mente divina, e vi fan dire le maniere tenute dall'ineffabil sua sapienza, tanto nel creare le cose, quanto nel muoverle e mutarle. Ognun si persuade d'aver col suo immaginario sistema colpito nel vero. Ma che così non sia, si può argomentar da tante guerre letterarie, che durano nelle scuole, ed han ciera di non aver da finire giammai, cotanto ci affezioniamo alle nostre immaginazioni ed invenzioni, con giungere fino a tenerle e spacciarle per iscoperte indubitate della verità. Suum cuique pulchrum est. Deh perché mai non si conchiude in fine, che più ne sa in queste sì scure quistioni l'umile ignorante, il quale si riposa nell'adorabil sapienza, bontà, e fedeltà di Dio, che governa il tutto con infinita rettitudine e soavità; e conoscendo la povertà ed infermità di noi sue fievoli creature, non cessa mai di amarci; né ci condannerà se non per colpa nostra, e si pregia in volere, che la misericordia sua vada di sopra al giudizio suo?
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Dio Dio
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