Sogliono i filosofi assegnar nell'anima una parte superiore, ove dicono stare l'appetito ragionevole, e l'inferiore, a cui attribuiscono l'appetito sensitivo. Tutte immaginazioni. L'anima non ha parti, l'anima è una sostanza semplicissima & indivisibile. La stessa in vigore della sua libertà, ora saggiamente elegge e vuole il bene, ed ora stoltamente vuole il male, credendolo bene. Né può la division di appetito in ragionevole e sensitivo dirsi adeguata, perché possiamo anche appetir le cose sensibili con ragionevole appetito. Come ciò succeda, non sarà difficile il chiarirlo, coll'osservare attentamente i movimenti interni del nostro pensare e volere. Allorché i sensi rapportano alla nostra fantasia le immagini delle cose sottoposte alla loro giurisdizione, l'anima non può far di meno di non essere avvisata di quell'oggetto. Imperoché, siccome osservò dopo Epicarmo anche Cicerone nel primo libro delle Tusculane, e come insegnano altri saggi filosofi, non è il senso, non è la fantasia, ma bensì l'anima, che ode, che vede, che gusta, che odora, che tocca. Se nulla a noi importa l'idea di quell'oggetto, niuna riflession di ordinario vi facciamo sopra. Ma se ha qualche menoma attinenza a noi, e ai nostri pensieri, l'anima per lo più prontamente riflette, e giudica, se esso è dilettevole o spiacevole, se vero o falso, se bello o brutto, se utile o disutile, se giovevole o nocivo: il che facendo, attacca alla suddetta idea quell'attributo, ch'essa ha con ragione, o pur con errore, ravvisato in tale oggetto.
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Epicarmo Cicerone Tusculane
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