Ce l'ha insegnato il divino Salvatore nostro, cioè l'orazione a Dio, utile non solo, ma necessario mezzo in questa vita per resistere alle tentazioni. Non ostante la debolezza nostra, assaissimo potrà, chi ricorre di buon cuore per ajuto a chi può tutto. Egli è quello, che invocato con viva fede, non permetterà, che noi soccombiamo. Egli è, e in ogni occasione, ma spezialmente in questa, ha da essere la speranza nostra. Però il mestier nostro dovrebbe dirsi quello di volgere gli occhi e le voci nostre, allorché ci sentiamo assaliti da perversi fantasmi, al nostro buon Padre Iddio, e al dilettissimo suo figlio Cristo Gesù, affinché ci porga la mano, e ci guardi dalle cadute. Fra tanti bei salmi e preghiere, che a questo proposito ci somministra la Chiesa santa, affinché imploriamo il necessario ajuto di Dio, a me sembra pure espressiva la seguente orazione: Deus, qui nos in tantis periculis constitutos pro humana scis fragilitate non posse subsistere: da nobis salutem mentis & corporis, ut ea, quae pro peccatis nostris patimur, te adjuvante vincamus. Cioè: o Dio, il quale sapete, che noi posti in mezzo a tanti pericoli, non possiamo a cagion della nostra fragilità tenersi ritti, deh concedeteci salute di mente e di corpo, acciocché coll'ajuto vostro arriviamo a vincere le tentazioni e tribolazioni, a noi cagionate dai nostri peccati. Da questo soprannaturale soccorso ha da venire la principal nostra fiducia di rimaner superiori alle suggestioni della fantasia, delle cui forze altro non mi resta a parlare.
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