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      - Sta bene: tu ha' mantienuta la parola e son contento. Ora però, vattene, vecchio, e lassami qui sola la ragazza.
      A questo comando, al vecchio gli parse di morire, e anco la Zelinda stava lì mezza grulla e con le lagrime vicine a spuntare; ma nun valse il pregare, ché il Mostro rimase duro come un sasso, e al pover'omo gli conviense andar via, lassando la su' cara Zelinda nella padronanza del Mostro.
      [4] Quando il Mostro fu solo con la Zelinda, principiò a fargli delle carezze, de' daddoli e a dirgli delle parole amorose, e tanto si addoperò, che gli rinuscette parere un po' garbosino.
      Nun c'è pericolo che lui la dimenticasse mai, e badava che nulla gli mancassi, e tutti i santi giorni discorrendo con lei nel giardino sempre gli domandava:
      - Che mi vo' bene, Zelinda? Che vo' tu diventar la mi' sposa?
      Ma la ragazza gli rispondeva in sul medesimo tenore:
      - Bene sì, ve ne voglio, signore: ma nun diventerò mai la vostra sposa.
      E il Mostro allora si addimostrava dimolto addolorato e raddoppiava le su' carezze e i su' boni garbi, e sospirando forte a su' modo diceva:
      - Eppure, vedi, Zelinda, se tu mi sposassi, gli accaderebban cose maravigliose. Ma quali, nun te lo posso dire, insino a che tu nun voglia essere la mi' sposa.
      La Zelinda, abbeneché in fondo nun si trovassi malcontenta lì in que' be' loghi e trattata da regina, pure di sposare il Mostro nun se la sentiva né punto né poco, perché lui 'gli era troppo brutto e come una bestia; e alle richieste che gli faceva il Mostro lei aveva sempre le medesime risposte pronte.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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