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      Al Re, in nel sentire quant'era furba la Caterina, gli vien la voglia di vederla. Dice:
      - Brava, la vostra figliola! Me l'avete a mandare, perch'i' vo' parlare con seco e disaminarla sul su' talento. Ma badi bene: che la vienga alla mi' presenzia né digiuna né satolla, né 'gnuda né vestita, né di giorno né di notte, né a piedi né a cavallo. Se lei manca al mi' comandamento, pena la testa a tutti e due. Andate.
      Il crepacore di quel povero contadino nun si pole raccontare; arrivò a casa che 'gli era più morto che vivo. Ma la su' figliola, che!
      - Niente paura! - disse lei. - I' so quel che mi tocca a fare. Voi infrattanto trovatemi una rete grande da pescatori e stasera mettetemela in cammera.
      Quand'ugni cosa fu ammannita, la Caterina si leva dal letto in camicia e si l'involge in nella rete: poi scende giù in cucina, si coce un ovo a bere e lo 'ngolla: in nella stalla piglia una capra e gli appoggia un piedi in sulla stiena; e a male brighe il cielo cominciò a innalbare, sorte di casa e si avvia al palazzo del Re.
      Le guardie la presano per una matta e nun c'era versi che la volessano lassar passare; ma siccome lei gli disse, che lei ubbidiva al comandamento del Soprano, allora gli apersano la porta e lei nentrò dientro.
      Il Re in nel vederla nun poteva fracchienersi dal ridere.
      Dice lei:
      - Dunque, i' son qui secondo la su' volontà. Nè di giorno né di notte, perché a mala pena 'gli è bruzzolo; né digiuna né satolla, perché i' ho mangio soltanto un ovo a bere; per tutto il resto ci abbadi da sé, Maestà.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





Caterina Caterina Soprano Maestà