- Vo' mi parete matto! Sarebbe come s'i' volessi pienarmi il corpo mangiando la minestra di brodo e semmolino con la forchetta.
Dice il contadino:
- Sacra Maestà, pole anco darsi che lei 'gli abbia ragione. Eppure i' credo tavìa che sia più facile votare il lago con questa mestola e che lei si pieni il corpo pigliando il semmolino con una forchetta, di quel che un carro possa ma' figliare un redo.
Scrama il Re, che lo ricognobbe:
- Galantomo, questa nun è robba di tu' testa. Tu sie' stato a consiglio dalla Regina.
Il contadino nun glielo innegò, e il Re rifece la sentenzia e gli rendette il redo; ma contro la Regina si scorruccì a bono.
Diviato il Re andiede a trovare la Caterina. Dice:
- Tu ha' messo bocca ne' mi' interessi. Dunque, siccome degli entranti e de' metti-bocca nel mi' Regno i' nun ce ne voglio, torna subbito a casa di tu' pa'. Piglia nel palazzo la cosa che più ti garba, che tu ha' cara, e stasera ritorna a casa tua, al tu' mestieri di contadina.
Arrisponde la Caterina, tutt'umile:
- I' ubbidirò al su' comando. Ma pure i' richieggo per grazia, che almanco si ceni assieme per l'ultima volta, e poi me n'anderò a casa mia, come lei vole.
- Accordato! - disse il Re.
Che ti fa quella furba della Caterina? Va in cucina e ordina a' cochi, che preparino della carne arrostita, del prosciutto, tutta robba da caricare la testa e far vienire di molta sete; e poi, che s'ammannisca la mensa col meglio aleatico delle cantine reali.
A cena il Re mangiò tanto, che non ne poteva più; e la Caterina a versargli nel bicchieri bottiglie di aleatico; sicché [23] il Re mezzo briaco bisognò che lo portassino a letto di peso e lì e' s'addormentò come un maiale.
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Maestà Regina Regina Caterina Regno Caterina Caterina Caterina
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