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      Ora, bisogna sapere che in quel medesimo giorno il Re della città tieneva corte bandita, con grande invito al su' parentato e a' cortigiani e a' signori del Regno. Ma quando si furno messi a tavola, nun ci fu versi che potessan mangiar le pietanze [30] apparecchiate, perché gli eran troppo amare di sale. Al Re, figuratevi se gli montò la mosca al naso! Chiama il coco e con un viso da Orco gli domandò, in che modo lui aveva cucinato?
      Il coco, pover'omo, mezzo allocchito, gli arrispose, che lui pure si sconfondeva, e protestò che lui nun ci aveva colpa in quel malestro; lui il sale nelle pietanze ce l'aveva messo da sé e come al solito, e nun poteva capire in che maniera 'gli era successa quella disgrazia.
      Ma il Re gli diede poca retta, abbeneché il coco si mostrassi di molto umile e sincero, e lo condannò a stare in prigione per de' giorni, e poi gli diede ordine che apparecchiasse un altro desinare grande per la settimana doppo, e intanto lì per lì cercorno di rimediare alla meglio, perchè gl'invitati nun se n'andessan scontenti.
      Il coco, sortito di prigione, si messe a preparare un altro pranzo reale, e badava con gran premuria che del sale ci fusse il giusto nelle pietanze: ma quella malandrina di Giovanna steva a fargli la guardia, e quando lui per qualche necessità dibbandonò per un mumento la cucina, lei e' gli giocò il medesimo tiro; sicché anco questa volta gl'invitati nun potiedano ingollare nemmanco un boccone.
      Il Re s'imbestionì a bono, e chiamato il coco, doppo averlo strapazzato con delle brutte parole, voleva in t'ugni mo' che lo menassero in piazza le guardie e che il boia gli tagliasse insenza misericordia la testa.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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