E però la mi perdoni e nun se ne parli più.
Dice il Re, che già cominciava a sentirsi rinfocolato nel core a motivo della bellezza di Giovanna:
- Brava! i patti tu gli fa' da te, a quel che pare. Bene! i' ti perdono, ma a un patto. Che te mi dica chi tu siei, d'addove vieni, e che mestieri è il tuo.
Allora Giovanna l'accontentò facendogli la storia sua insino a quel mumento; sicché il Re gli disse:
- Siccome i' ho fatta la tu' conoscenzia in questo modo, tanto te che le tu' compagne dovete vienire a desinare nel mi' palazzo: ci sarà una bona compagnia di signori ben aducati.
Arrispose Giovanna:
- Io per me nun rifiuto: ma prima bisogna che senta se la mi' padrona me lo dà il permesso. E poi, chi sa se lei vole vienire. Arritornate domani a questa finestra, Maestà, e vo' arete la risposta.
- Sta bene e addio a domani, - disse il Re, e se n'andiede pe' fatti sua; e Giovanna riascesa in nella cammera, lassò il Re tutto allegro della su' scoperta.
Nun ci fu versi di tiener più niscosto alla Principessa e alle su' compagne quel che 'gli era intravvenuto; al racconto di Giovanna, quale delle ragazze rideva, e quale la sgridava per le su' mattie; la Principessa poi pareva dimolto iscorruccita e steva in sospetto d'essersi compromessa nell'onore.
Ma Giovanna con que' su' garbi e con delle bone parole gli rinuscì persuaderla, ché finalmente restò fissato di andare all'invito reale, con che però, che a mensa nun ci fussano più di dodici giovani, compreso il Re, e che ognuno siedesse accanto a una ragazza.
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