Dunque
In santa pace piaDite la vostra, ch'i' ho detto la mia.
NOVELLA V
* La bella Caterina
oppure La Novella de' Gatti
(Raccontata dalla ragazza Silvia Vannucchi)
C'era una volta una donna campagnola che aveva due figliole, e una, di molto bella insenza paragoni, si chiamava Caterina; quell'altra, tutt'all'incontro, era brutta quanto si pole dire: la madre però voleva più bene alla brutta, e siccome tutte e dua si rodevan dall'astio contro la Caterina, perché oltre alla su' bellezza s'addimostrava pure di gran bontà, loro s'arrapinavano a fargli de' dispetti e cercavano tutti i modi che a lei gli accadessi qualche malanno da ridurla imbruttita. La Caterina sopportava con pacienza le persecuzioni di quelle arpiacce, e invece di diventar brutta per gli strapazzi, pareva che ugni giorno la bellezza gli s'accrescessi 'n su tutta la persona.
Dice una mattina la mamma alla brutta:
- Sa' tu quel che ho pensato? Mandiamo la Caterina a pigliare lo staccio dalle Fate, che gli sgraffieranno il grugno; e accosì lei imbruttirà e nissuno la guarderà più quant'è lunga.
- Sì, sì! - scramò la Brutta, gongolando di gioia maligna. - Le Fate sono cattive e loro te l'acconceranno per il dì delle feste.
Subbito la vecchia chiama la Caterina:
- Su, via, sguaiata! C'è da fare il pane stamattina, e no' nun s'ha 'n casa nemmanco un po' di staccio per ammannire la farina. Isderta! Va' dalle Fate dientro al bosco e domandagli lo staccio in prestito. Sbrigati, ninnolona!
A questo comando la Caterina diviense bianca per la paura, perché lei aveva sentuto dire che le Fate strapazzavano la [38] gente, e chi ci andeva dicerto arritornava malconcio.
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