Suppricò bensì la su' mamma che nun la mandasse, pianse; ma tatto fu inutile, ché la vecchia e la Brutta la trattorno del male e la minacciorno per insino di picchiarla; sicché la Caterina, ripensando che le Fate nun gli potevano far peggio, si piegò a ubbidire, e abbeneché sospirassi e le lagrime quasimente l'accecasseno, con un passo innanzi e dua addietro s'avviò in verso il bosco, addove stevano le Fate.
Quando la Caterina fu in sull'entrata del bosco gli viense incontro un Vecchietto, che, a male brighe la vedde a quel mo' tutta addolorata, gli disse:
- Oh! che avete voi, bella fanciulla, che parete tanto affritta?
La Caterina gli raccontò allora tutti i su' mali, e che in casa l'astiavano a morte, e che la mandavano a pigliar lo staccio dalle Fate, perché loro la sciupasseno e la imbruttissano.
Dice il Vecchietto:
- Nun abbiate paura di nulla; c'è il su' rimedio. I' v'insegnerò come vo' dovete fare, se pure vo' m'ascoltate. Vo' nun arete a pentirvene. Ma prima badate qui un po': Che ci ho io in capo, che mi sento tanto prudere?
Il Vecchietto chinò giù la testa, e la Caterina doppo che gliel'ebbe guardata ben bene, scrama:
- I' ci veggo soltanto perle e oro.
Arrisponde allegro il Vecchietto:
- E perle e oro toccheranno anco a voi. Ma statemi a sentire e fate l'ubbidienza. Quando vo' sarete all'uscio di casa delle Fate, picchiate ammodo; e se loro dicano: "Ficca un dito in nel buco della chiave", voi ficcateci dietro uno steccolo, che loro ve lo stroncheranno subbito. Aperto l'uscio, le Fate vi meneranno diviato io una stanza, e lì sieduti ci sono tanti gatti; e chi cucinerà, chi filerà, chi farà la calza, e, insomma, ognuno vo' lo vedrete occupato al su' lavoro.
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