A male brighe che la Caterina arrivò a casa sua, la mamma e la sorella Brutta le divorava l'astio e il dispetto; quella stella poi 'gli era per loro dua un pruno fitto in negli occhi.
Dice la Brutta:
- Vo' ire anch'io dalle Fate. Mandate me a riportargli lo staccio, mamma.
Sicché, quando lo staccio fu addoperato, la Brutta se lo mettiede sotto il braccio e s'avviò al bosco delle Fate, e anco lei in sull'entrata fece l'incontro del Vecchietto, che gli domandò:
- Ragazzina, per dove così vispola?
- Vecchio 'gnorante! - gli arrispose con superbia la Brutta: - i' vo dove mi pare. Impaccioso! badate a' fatti vostri.
- Brutta e scontrosa! - scramò il Vecchietto ridendo sottecche.
- Va' va' a tu' mo' addove ti pare! Doman te n'avvedrai!
Ed eccoti la Brutta all'uscio delle Fate; e lei agguanta alla sversata il picchiotto e giù, dàgli, botte da scassinare le imposte.
A quel fracasso dissan di dientro le Fate:
- Metti un dito in nel buco della toppa e apri.
La Brutta subbito ficca il dito a quel mo'; e quelle - ziffete! - e glielo stroncano di netto. L'uscio allora si spalancò e la Brutta rabbiosa e inviperita salta in casa, e, scaraventato lo staccio per le terre, principia a bociare:
- Deccovi il vostro staccio, maledette!
E poi visti i gatti al lavoro, sbergola:
- Buffi questi gattacci! Oh! che mesticciate voi, mammalucchi?
E gli pigliò tutti gli arnesi, e a chi bucò le zampe con gli aghi, e a chi le tuffò giù in nell'acqua bollente, e a chi diede su per le costole la granata e i fusi. Ne nascette una confusione, un brusìo da nun si dire.
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