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      Dice il Re:
      - Oh! che nun ci sta di casa anima viva?
      In quel mentre il Re s'arricordò della chiave che tieneva ciondoloni al collo e volse provarla nella toppa, e con quella fece scattare la stanghetta e l'uscio si spalancò. Per un [50] po' rimanette come rincitrullito a quel miracolo; ma doppo, fattosi coraggio si mettiede dientro col su' servitore e cominciorno a salire su per le scale, e abbeneché il palazzo apparissi tutto pieno di lumi, di genti nun ne trovorno di niussuna qualità: c'era il deserto. In nella prima sala ci veddano una bella mensa apparecchiata da signori, e sopra ci steva posato anco un gran mazzo di chiavi; in un canto della medesima sala il foco bruciava allegro dientro al camminetto. I du' forastieri guardorno ben bene ugni cosa, fecian del chiasso con l'idea che qualcuno in nel sentire vienissi a domandare chi gli erano e a salutargli: fu però tutto inutile; sicché loro affamati a quel modo si siedettano a tavola e lì mangia pure con un appetito da lupi: e quando una pietanza era finita, subbito delle mane invisibili ne portavano un'altra sempre più bona e gustosa.
      Guà, il Re lo capì che quel palazzo doveva essere un palazzo incantato; e a dire il vero, ci rimaneva con della temenza, nun cognoscendo se il padrone fuss'un Genio di garbo, oppuramente un Genio maligno. In ugni mo' quel Re del coraggio n'aveva dimolto; lui n'aveva da vendere, sicché, doppo che ebbano empiuto il corpo, disse il Re al su' servitore:
      - Piglia un lume che s'ha da rinfrucolare il palazzo.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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