I carcerati in nel vedere daccapo il ragazzotto rimesso con loro, più che mai lo canzonavano e badavano a bociare:
- Ora poi è finita la cuccagna. Bisognerà bene adattarsi al pan nero e all'acqua del pozzo.
- Pazienza! - arrispose quello; - ma l'allegria nun deve mancare. Se nun si desina da signori, e no' si ballerà da matti.
- Come, come? - gridorno i carcerati.
Disse il ragazzotto:
- Aspettate che il Re sia qui di sopra al convito, e po' vedrete che baldoria.
Di lì a un mumento sona la campana del pranzo reale e i convitati, tutti 'n sala con il Re assieme, si siedettano alla mensa.
Il ragazzotto allora tira fori il su' organino e comanda:
- Organino, presto: che ugni persona balli alla tavola del Re; e sona pure di gran forza.
Che ti vo' vedere? Parevan tanti matti spiritati su 'n sala. Ballavano a furore, omini, donne, mobili; le stoviglie e i cristalli si sfracasciorno in pezzettini; le pietanze tutte all'eria e giù per le terre: chi sbatteva la testa ne' muri, oppuramente, nel soffitto da gran sbalzi che era [59] ubbligato a fare; il Re poi 'gli urlava a gola squarciate, nun sapendo in che mondo si fusse. Quando il ragazzotto smettiede il sono, il Re tutto stafelato scese in nella prigione a domandare chi era quel gustoso che si spassava a quel mo'; subbito viene avanti il ragazzotto e dice:
- Son io, Maestà! 'Gli è con quest'organino ch'i' fo nascere il chiasso; e giù, in quel mentre, sona e risona daccapo; e il Re salta di qui, salta di là, che pareva un razzo matto.
- Smetti, smetti!
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Maestà
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