- berciava il Re: - tu mi rovini.
Il ragazzotto a quel bocìo non sonò più, e il Re gli disse allora:
- Che me lo vo' tu vendere codesto organino 'ndiavolato?
- Perché no, Maestà? - arrispose il ragazzotto. - Ma a che patti?
- Guà, a' patti di prima, - gli disse il Re.
- Cogliomberi! - scramò il ragazzotto.
- Troppo grassa, Sant'Antonio! O novi patti e chiari, o riprincipio a sonare, e sòno infino a tanto che nun siete tutti sfiaccolati e morti.
Disse il Re 'mpaurito:
- Fagli te, dunque, i patti.
Dice il ragazzotto:
- Deccogli. I' vo' che mi s'accordi di sentire le brame della Principessa, quand'i' sarò a letto con lei, e che lei sia ubbligata a rispondermi. I' prometto per il mi' lato di stare a su' comandamenti.
Il Re ci pensò un po' su prima d'acconsentire; ma tra la paura di riballar daccapo, e quel che mulinava in nel core, arrispose:
- Per me l'accordo; ma in cammera ci metto doppie guardie e du' lampioni accesi.
A male brighe sortito di lì il Re, lui fece chiamare la su' figliola 'n segreto e gli disse:
- Bada bene, i' ti comando che stanotte a tutte le domande di quel ragazzotto malandrino, quando tu sie' a letto con lui, sempre tu gli arrisponda di no alle su' richieste.
La Principessa, con un inchino, a quelle parole arrepricò:
- Babbo, lei nun dubiti, che l'ubbidisco.
Eccoti, viense la sera e il ragazzotto se n'andiede a letto con la figliola del Re, e doppo che furno sdraiati da del tempo, dice il ragazzotto:
- Con il fresco che fa, che vi par egli bene, sposa mia, di tienere aperte accosì le finestre?
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Maestà Sant'Antonio Principessa Principessa
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