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      Bocia a quelle parole il giovane:
      - Eh! vecchiaccia malandrina, me non mi cucchi, sai! - e insenza dargli tempo, gli salta addosso, la butta per le terre, con un ginocchio la tiene lì inchiodata, e in quel mentre gli strizzava la gola con la man manca, e con la man ritta cava la scimitarra e gliela mette accosto al collo, e a denti stretti burbotta:
      - Stregaccia infame! O tu mi rendi i mi' fratelli, o ti scanno in nel vero mumento.
      La vecchiarella badava a protestare che lei non n'aveva fatto del male a nissuno: ma il giovane non si scommosse e steva lì lì per segargli le canne della gola, sicché la vecchiarella impaurita gli confessò tutto l'incantesimo e gli promesse che l'avrebbe obbedito, salva la vita almanco, e subbito dalle tasche tirò fora un vaso d'unguento per ugnere le statue e ridargli a quel modo la vita.
      Il giovane nunistante non la lassò ire per affatto la vecchiarella, e con la scimitarra alle reni volse che da sé facessi l'unzione; e n'accadé che dopo poco tutte quelle statue di marmo ridoventorno persone vive e la grotta ne fu empiuta.
      I fratelli a male brighe si veddano s'abbracciarono stretti e allegri, e gli altri non sapevano trovar parole bastanti per ringraziare il terzogenito della su' opera bona.
      Ma in quel trambustìo la strega pensò di svignarsela, e quasimente ci rinusciva, se non se ne fussano accorti a tempo i tre fratelli, che gli corsano addosso e in senza misericordia la squartorno addirittura, e così ruppano l'incantesimo della selva; il primogenito anco gli prese il vaso dell'unto che rendeva la vita a' morti.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665