Scramò il Re:
- Brava! Vo' siete una brava ragazza e avete del genio. Anzi, mi garbate tanto che vi voglio per mi' sposa. Che ve ne par egli?
- Guà! se lei si degna, - arrispose Grisèlda, - nun dirò di no. Sia fatta la su' volontà.
- Dunque, - dice il Re, - tornate a casa e domandate al babbo se lui è contento. E [123] poi, contento o no, comando io, e ditegli che questo 'gli è il mi' piacimento e la mi' volontà.
Grisèlda se n'arritornò diviato a casa, e al babbo gli disse quel che il Re voleva.
Dice il contadino a quella nova:
- Se il Re ti vole per isposa, nun c'è da opporre. Ma senti, bada a quel che tu fai, perché il Re poi nun sarà contento di te. A ugni bon fine tu m'ha' da lassare codesti tu' panni di lendinella, e i' te gli attaccherò qui a un cavicchio, e caso mai tu avessi a rivienirtene a casa, tu gli troverai al su' posto per rimettersegli al bisogno.
E così difatto e' feciano, e Grisèlda si sposò al Re e diventò Regina e la su' moglie legittima.
Ora si dove sapere che nella città reale costumava, che quando si facevano giudizi di sentenzie ne' tribunali, anco la moglie del Re sprimeva il su' parere; e gli accadette, che quando il Re sentenziava, Grisèlda gli era sempre contraria, e al Re quest'opporsi accosì gli era vienuto dimolto a noia.
Sicché dunque il Re disse un bel giorno alla Regina:
- S'ha da far finita; da oggi 'n là ti proibisco di dar sentenzia assiem con meco. I' nun vo' esser sempre contrariato da te. Che tu smetta di metter bocca negl'interessi dello Stato.
Alla Regina gli conviense ubbidire, e il Re 'gli andeva solo in tribunale.
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