In questo frattempo successe che ci fusse una fiera, come sarebbe quella di settembre a Prato, un fierone, e dappertutto le parti ci vienivano le genti per vendere e comperare robbe e bestiami.
Ci volse andare anco un fattore di lontano, perché aveva una bellissima cavalla pregna e contava d'esitarla a bon guadagno. Dunque il fattore si mettiede in viaggio e arrivò fora della porta prima che cominciassi la fiera, e per nun nentrar subbito dientro con la bestia strafelata e stracca, si fermò a un contadino.
Dice:
- Ci averesti voi da rimettermi un po' la bestia, 'ntanto ch'i' vo a vedere la città 'nnanzi che la fiera principi?
Arrispose quel bifolco:
- Sì, lassatela pure. Ma in nella stalla del posto nun ce n'è più; è tutto pieno: vo' l'avete a legare accosì sotto il portico al mi' carro; ché si sciolga nun c'è pericolo.
Il fattore dunque legò la su' cavalla al carro, gli buttò del fieno, e poi se n'andiede a gironi per la città.
Doppo che il fattore 'gli ebbe girato un bel pezzo, quando [124] fu ora, se ne ritornò sotto 'l portico a pigliar la cavalla per menarla in sulla fiera, e trovò che in quel mentre gli aveva figliato un bel muletto; sicché, tutt'allegro il fattore, s'accosta per condurre via le du' bestie; ma deccoti a un tratto il contadino, che lo ferma e gli dice:
- Padrone, signor fattore: la cavalla la meni pur via con seco, ma il muletto è mio.
- Come vostro, - scrama il fattore; - se l'ha figliato la mi' cavalla?
- Che cavalla! - berciò il contadino.
- Qui 'gli è lo sbaglio; vo' fat'erro; il muletto l'ha figliato il carro.
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Prato
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