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      Era lì per montare 'n sella, quando voltando il mercante a caso gli occhi vedde in fondo a un viale un gran capanno fatto di belle piante di rose.
      Dice:
      - Oh! giacché mi capita, accontenterò anco la Bellindia.
      E diviato va a quel capanno, e con le mane sbarba una pianta.
      Misericordia, genti mia! Tutt'a un tratto si sente un gran fracasso, e comparisce un Mago brutto e terribile quanto il diavolo.
      A quella vista il mercante impaurito a bono cominciò a tremare; e il Mago scrama, con du' occhiacci invetriati che pareva schizzassano foco:
      - Birbone! doppo tanto bene ch'i' t'ho fatto, che sie' stato servito di tutto punto nel mi' palazzo, tu ha' l'ardire anco di vienire a sciupinare le mi' rose! Ma 'l gastigo è la morte.
      Il mercante si fece allora a scusarsi e a chiedergli perdono, e gli raccontò, che la pianta delle rose lui la voleva per la su' figliola Bellindia, perché a lei 'gli era vienuto questo capriccio.
      Dice il Mago:
      - Ebbene! se è vero quel che tu mi da' a intendere, per ora nun ti farò del male. Va' pure a casa con la pianta delle rose; ma che tra otto giorni tu mi porti qui a star con meco la tu' figliola, insennonò tu avra' la mala sorte. E bada bene d'ubbidirmi.
      E dette queste parole il Mago sparì.
      Il mercante, figuratevi con che core!, ritrovata per incanto la strada, arrivò a casa e raccontò alle su' figliole quel che gli era intravvienuto. L'Assunta e la Calorina si messane a rimbrontolare la Bellindia pe' su' capricci; ma lei disse:
      - Il male l'ho fatto io; dunque i' anderò dal Mago e vo' sarete tutte contente.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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