Avete da sapere che a questo gran trionfo anco io mi trovavo a Parigi, e siccome tutti mangiavano a ufo alle spese del Re, i' andiedi in una delle meglio locande per isbaldoriare a onore della Regina; ma l'oste mi disse:
- Italiano, qui bisogna pagare.
Capi' subbito che l'oste doveva essere un de' soliti ladri che pappano alla barba de' minchioni e a du' palmenti. In ugni mo' nun volsi farmi scorgere e dirgli chiaro che de' quattrini 'n tasca nun ce n'avevo manco l'ombra; sicché gli proffersi in pegno il mi' baule, addove ci sarà stato dientro per un dieci lire di stracci, e m'accordai di pagar da ultimo alla mi' partenza con l'idea di godermi tutte quante le feste.
L'oste se la bevé, e i' non mi comportai da babbaleo, perché menai con meco alla locanda diversi amichi della mi' nazione, e si mangiò in que' giorni alla signorile per più di mille lire.
Ma finite l'allegrie e i divertimenti, una bella mattina fuggi' via di niscosto, lassando sul tavolino di cammera questi versi:
Per nun aver danaro da pagareDa Parigi mi convierrà scappare,
Perché s'i' nun iscappoL'oste m'arriscalda l'abburatto,
E se da furbo ero 'nvece minchioneI' are' pago dicerto col groppone.
NOVELLA XVIII
* La Prezzemolina
(Raccontata dalla Luisa vedova Ginanni)
C'era una volta una donnetta, contadina con un po' di terra e a male brighe ci ricavava il campamento; e lei tieneva a fargli le su' faccende un garzone. Si sa; le donne, quand'ènno sole accanto all'omo, finiscano tutte a un modo: quella donnetta e' garbò al garzone e lui a lei, sicché dunque nun potiedano stare tanto tempo a patire e conclusano lo sposalizio, e subbito la donna fu pregna.
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