- Custodiscila, ché nun gli manchi nulla, e bada che nissun la vegga e che lei nun iscappi quand'i' son fora per i fatti mia.
E per poterla chiamare, lui gli diede nome Prezzemolina.
Dunque la Prezzemolina, lassù serrata in quella torre, cresceva sempre più bella, e siccome chi la custodiva era la Catèra, la gli diceva mamma; e quando la Catèra voleva salire su in nella stanza a tienergli compagnia, chiamava dal fondo: "Prezzemolina, Prezzemolina! butta giù le trecce e tira su tu' madre." E la Prezzemolina gli ciondolava le trecce da una finestra e la tirava 'n vetta.
Un giorno la Catèra dice:
- Pettinami, Prezzemolina.
Subbito la Prezzemolina prendette un pettine e si mettiede a scraticchiare i capelli della Catèra.
Dice in quel mentre la Catèra:
- Che ci trovi te, Prezzemolina?
- Guà! che volete voi? Ci trovo dimolti pidocchi.
- Brava, Prezzemolina! Sai quel che tu ha' da fare? - dice la Catèra. - Pigliagli questi pidocchi e mettigli dientro a un cannone di canna. Ti poterebbano abbisognare qualche giorno, perché a soffiarci nel cannone loro si spargano e nasce subbito una gran siepe addove cascano.
E la Prezzemolina fece come voleva la su' mamma.
Un'altra volta la Catèra urla dal pian terreno della torre:
- Prezzemolina, Prezzemolina! butta giù le trecce e tira su tu' madre.
E quando l'ebbe tirata su, la Catèra gli disse:
- Ma s'i' avessi bisogno di star fora del tempo, che te saperessi fartelo da mangiare?
- Io no, - gli arrispose la Prezzemolina: - e poi, addove sono le robbe da mangiare e le legne per cocerle?
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