Se poi gli andette a fondo o no, nun stiedi mica lì a vedere.
- Oh! sciaurata, - scramano le zie: - le creature ènno sempre vive e il Re l'ha 'ncontrate, e se lui per disgrazia le ricognosce per sue, no' siem tutte morte.
- Che rimedio c'è?
- Il rimedio 'gli è questo. Che vo' andate, Menga, al palazzo, quando i giovanotti én fori a caccia, a cercar di lemosina. Vierrà la ragazza e in nel discorrire vo' gli ate a domandare se i su' fratelli gli voglian bene. Lei dirà di sì. Ma vo' avete a rispondere: "Se vi volessin bene, vi porterebbano IL CANTO E IL SÒNO DELLA SARA SIBILLA." Se loro vanno a trovarlo nun tornan più mai, e la su' sorella creperà dalla pena.
Fisso che loro gli ebbano accosì, la Menga subbito si vestiede come una pitocca e diviata se n'andette a quel palazzo 'n mezzo al bosco e picchiò al portone:
- Chi è?
- Una poera vecchia tribolata. Fatemi un po' di lemosina per l'amor di Dio e vo' n'arete rimerito 'n Paradiso.
La ragazza dunque, che era sola 'n casa, scendé con la lemosina e la diede a quella vecchiaccia birbona, e cominciorno a attaccar discorso.
- Chi siete? Da dove vienite voi?
- Eh! i' son di lontano e vo' a cercar di pane: nun bo più nimo de' mia. E voi che ci state sola in questo bel palazzo?
- Che! i' ho anco du' fratelli, che mi voglian un ben dell'anima. Ma tutte le mattine loro vanno a caccia.
- Vi voglian bene? Che vo' abbia pacenzia! Ma se loro vi volessin bene...
- Che volete vo' dire? - scramò la ragazza. - Mi parete una bella sfacciata,
- Eh! 'gnora no. I' so ben quel ch'i' mi dico.
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Menga Menga Dio Paradiso
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