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      Me sciaurata! I' son io che gli ho morti!
      - Eh! Se mi devan retta, la disgrazia nun gli accadeva, - disse quel vecchino.
      - Come? Oh! che gli avete visti? Addov'ènno? Per carità, ditemelo. Ma che son morti loro?
      - Morti no, ma quasimente. Èn diventi du' belle statue di marmo e della compagnia nun gliene manca. Ma se vo' mi date retta, ragazzina, vo' poteressi riavergli sani e vispoli, purché vi rinusca impadronirvi del Canto e Sòno della Sara Sibilla. Del coraggio n'aete voi? Badate, veh! che ce ne vole dimolto, ma dimolto del coraggio.
      Dice lei:
      - Purch'i' ritrovi i fratelli, i' son disposta ad ugni cosa. Del coraggio a me nun me ne manca, e i' n'ho a dovizia. Dunque che ho io da fare?
      - Decco. Vo' vedete questo stradone lungo lungo: bisogna ripire per insino in vetta. Lassù c'è un prato e d'attorno tante statue di marmo, e le prime son quelle de' vostri fratelli: tutte quell'altre sono di cavaglieri, di re, di principi che han cerco il Canto e il Sòno della Sara Sibilla, e rimasano lì impietriti in pena del su' ardimento. In sull'entrata del prato ci stanno du' leoni feroci a far la guardia, e nun lassan passare nimo, se nun gli si dà un pane per uno a mangiare; ma quando l'han mangio, loro s'abboniscano e vanno a accompagnare il forastiero. Quand'uno è dientro al prato, bisogna che nun si fermi mai, e giri e giri in tondo a guardare tutte quelle statue: poi, alle ventiquattro, che sarà buio, s'ha da metter ritto e fermo 'n mezzo del prato e aspettare che sòni la mezzanotte. A mezzanotte 'n punto nasceranno de' gran rumori e comparirà una scala di cento scalini: subbito bisogna montarla per insino a cinquanta scalini e lì aspettare daccapo.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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