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      Ma non ci vole temenza, veh! Perché si vede scendere un'ombra smensa, [203] co' capelli lunghi ciondoloni per le spalle, che è la Sara Sibilla. Lei, guà! scende insenza sospetti, e però bisogna di repente acciuffargli i capelli con le mane e badare di chienerla forte che nun iscappi. Allora lei principierà a urlare: "Ohi! ohi! Che cercate da me" - "Cerco il Canto e il Sòno della Sara Sibilla." - "Chi ve l'ha detto? Chi vi ci ha mando?" Arrispondete diviato: "Vo' nun ci avete a pensare. Datemi il Canto e il Sòno e po' vi lasso." Lei dirà: "Lo volete rosso? Lo volete celeste, verde?" Vo' avete a rispondere sempre di no insin tanto che lei non dice: "Lo volete color di rosa?" E quando la Sara Sibilla v'averà dato quell'arnese, lei sparirà con la su' scala e vo' dovete rimanere sul posto in mezzo del prato e aspettare la levata del sole, e poi toccando le statue col Canto e il Sòno della Sara Sibilla, le statua ridiventeranno omini vivi. Avete vo' 'nteso?
      La ragazza tutta contenta delle 'struzioni del vecchino lo ringraziò a modo, si fece dare i pani per i leoni, e po' via su per lo stradone, sicché 'gli arrivò all'entrata del prato ch'eran vicine le ventiquattro.
      Per nun andar tanto per le lunghe, insomma, lei ubbidì in tutto e per tutto alle parole del vecchino, e più brava di quegli che c'erano stati prima di lei, potette impadronirsi del Canto e Sòno della Sara Sibilla, e quando l'ebbe avuto in nelle mane codesto arnese (un arnese, ma com'era fatto nun si sa), si mettiede a toccar le statue, e in un mumento il prato fu pieno di persone vive.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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