- O com'ha' fatto - gli dimandorno - a diventar tanto ricco?
Dice Zufilo:
- Guà! I' son ito da' cittadini e i' ho venduto il coio della mi' vacca a un soldo il pelo.
Allora in nel sentire questo racconto Manfane e Tanfane dissan tra di loro:
- Anco noi si pole far più meglio del nostro giucco. Via! ammazziamo le più belle vacche della mandria, e se ne venderà il coio a du' soldi 'l pelo.
Ammazzan dunque le vacche, le scorticano e poi vanno alla città, e lì urla che ti urlo:
- Du' belle coia, chi le vole? A du' soldi pelo pelo.
E deccoti una gran radunata di popolo a quello sbergolìo, e lì a contrastarsi:
- Oh! che siete matti? Aresti a essere come quello dell'altro giorno. Ate anco cresciuto la chiesta! Oh! che credete che i cittadini ènno mammalucchi?
E poi 'mproperi a' malcapitati, e finirno col rimandargli fora delle porte a son di calci e di legnate, sicché Manfane e Tanfane tornorno a casa tutti pesti e malconci.
In quel frattempo Zufilo n'aveva pensata un'altra in nella [208] su' zuccaccia mezzo citrulla. Pigliò un barile insenza un fondo e l'empiette in bon dato di sterco umano, e in vetta ci stese un piano di miele sopraffino; poi 'gli andiede alla città e principiò a urlare per le strade:
- Cacca mielata bona, ohé! Chi la vole?
De' minchioni per le città ce n'è stati ugni sempre, sicché uno gli disse a Zufilo:
- O galantomo, che vendi tu?
E lui:
- Guà! cacca mielata. La volete?
Insomma, quel babbaleo di cittadino comperò il barile pieno insenza nemmanco guardarlo dientro e glielo pagò a Zufilo sprofumatamente; e Zufilo gli disse con quella su' malizia da bue:
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Zufilo Manfane Tanfane Manfane Tanfane Zufilo Zufilo Zufilo Zufilo
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