Si mettiede dunque a piè della quercia, e alla mezzanotte il solito rumiccìo di piedi e le solite voci annunziorno la presenzia delle du' donne; sicché Nun-ti-Fidare steva lì attento a sentire quel che loro dicevano.
Comincia la prima:
- Ma te n'arricordi, Rosina, di quella volta cha si parlava del come fare arritornar gli occhi a chi nun gli aveva più?
- Altro se me n'arricordo, Caterina, e par anco che qualcuno se n'approfittassi dello 'nsegnamento, - arrispose quell'altra.
- Sicuro che se n'approfittò, - dice la Caterina, - e anco siem reste canzonate, perché quel furbo ne ha guarito la Regina d'Ungheria e poi l'ha sposata. Tutta la nostr'arte 'gli è stata inutile.
- Tu di' bene, - ripiglia quell'altra, - e la colpa fu di noi, che ci si mettiede qui a chiacchiera insenza sospetto. Ma ora nun s'ha da esser più minchione; innanzi di ragionar de' nostri 'nteressi si disaminerà tutt'i dintorni. Principiamo subbito, e poero a chi ci capita tra l'ugne!
Diviato le du' Streghe andorno alla quercia, e trovato lì disteso quel birbone di Nun-ti-Fidare, te l'agguantorno come cani guasti e intrafinefatta te lo messano a tocchi, e accosì luì finì la su' vita scellerata.
'Gli è la fine della gente cattiva, che nun si contenta del suo e nun ha carità del prossimo. Finiscan tutti male, e il su' gastigo in questo mondo o in quell'altro nun gli manca mai.
NOVELLA XXIV
* Contento nimo nel Mondo
(Raccontata dalla Luisa vedova Ginanni)
Che direbbe lei? Che ce ne fussano della gente contenta nel mondo? Che! ognuno ha la su' ascherezza.
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