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      Un giorno che nun avevan più nulla da mangiare, disse accosì alla Carolina il su' Angiolino:
      - La fame e' m'ha fatto ir via par anco il sonno. Ma i' ho un pensieri. Quaggiù in nel fiume c'è de' pesci; i' vo' andare a pescare per vedere se mi rinusce rabbrezzare un po' di fortuna.
      Dunque Angiolino con le su' reti scese al fiume, e a male brighe arrivo le buttò in fondo di un rinserrato d'acqua e doppo qualche mumento le ritirò a sé.
      - Oh! Dio, - scrama, - che pescio è egli mai questo che ho chiappo?
      A furia se ne ritorna a casa e fa vedere il pescio alla Carolina:
      - Guarda, Carolina, che pescio i' ho trovo.
      Arrisponde la Carolina tutt'allegra:
      - Gnamo a venderlo, ché si potrà comperare del pane e dell'altre cose bone da camparci per un bel pezzo; perché questo pescio 'gli è una meraviglia, che nissuno pole mai averne visto di simili.
      - No, - disse Angiolino alla moglie che languiva dall'appetito: - la mi' idea sarebbe piuttosto di regalarlo al Re, e mi raccomando che te nun t'apponga.
      La Carolina a quella supplica del marito nun seppe contradirci, sicché tutt'addua s'avviorno assieme in verso la città; ma quando furno arrivi alle porte, la Carolina lo consigliava il su' Angiolino a venderlo il pescio, perché a quel modo lui poteva levarsi 'l sonno d'addosso più presto che con l'andare dal Re.
      Dice Angiolino:
      - Che! I' ho disegnato di regalarlo al Re questo bel pescio, e nun vo' venderlo a nissun patto.
      Sicché dunque la cara consorte bisognò che restassi per allora a bocca asciutta e fora delle porte a aspettare il ritorno d'Angiolino.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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