Angiolino a male brighe si vedde dinanzi a Sua Maestà, gli profferse questa maraviglia del pescio raro, sicché il Re tutto istupito gli disse:
- Addove mai l'ha' tu trova simile rarità?
E allora chiamorno subbito la Regina, perché anco lei ne godessi la vista; e il Re soggiunse:
- Dimmi te qualcosa, di', che gli ho io da dare in premio di dono accosì grande a quest'omo?
Arrisponde la Regina:
- E' gli si pole dare cento scudi in nel mumento e poi s'aiterà.
Ma Angiolino, doppo aver ripensato dientro di sé, disse:
- Maestà, questo dono i' nun l'accetto.
- Oh! dunque, che vo' tu?
- I' voglio, - disse Angiolino, - cento staffilate.
- Come! - scrama il Re.
- Sie' tu matto, oppuramente lo fai?
La Regina più svelta però soggiunse:
- Dàgli i cento scudi e mandalo via questo citrullo.
- 'Gnora no! - disse Angiolino.
- I' ho già detto che voglio cento staffilate, e per meglio intendersi, cento nerbate, e nun accetto altro fora che questo.
- Guà! - il Re gli arrepricò: - se tu le vòi, [236] i' te le farò dare.
E subbito dice che chiamino quattro soldati, e ordina che preparino quel che ci voleva per dargli a Angiolino le busse in nella sala, perché tutti da siedere e insenza moversi potessin godersi quello spettacolo redicolo.
In un mumento ugni cosa fu portata e pronti per l'esecuzione, e la gente badava a scramare:
- Quest'omo gli è matto!
Disse allora il Re a' soldati:
- Pigliate quest'omo e appiccicategli cento staffilate.
- Sì, 'gli è giusto, - dice Angiolino; - ma prima una grazia.
- Che grazia domandi tu?
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