- Bravo! i' son proprio contenta di te. E però i' ho deliberato di darti questo salario; lire trenta al mese e tutto spesato. Che te ne pare?
Dice Antonio:
- Io per me son più che contento.
Passano de' giorni e l'orto e il giardino prosperavano a vista d'occhio, sicché Antonio va dalla padrona e gli dice:
- Senta: io addosso nun ce la posso portare dimolta robba, e ce n'averei una gran quantità da vendere e da pigliarci quattrini al doppio. Se lei me lo permette, i' compererò un ciuchino da mettergli la soma, e un du' ceste, una di qua e una di là del basto; i' potre' caricarlo a mi' modo.
Dice la signora:
- Fa' pure.
Antonio dunque comperò un ciuco piccino, e [257] gli accomidò la ceste al basto, che poi ripienò d'ugni ben di Dio, e ci aggiunse anco un bel mazzo di fiori; doppo sortì al solito fora delle porte della città, e camminò dimolti giorni insino a che viense a nentrare in nello Stato del Re, e diviato se n'andiede alla su' propia città nativa, e lì comincia a urlare:
- Ortolano, ohé! chi vole di be' cavoli, pera, limoni primaticci, e d'ugni cosa un po'?
A quel bocìo la gente corriva da tutte le parte, e chi voleva una cosa e chi un'altra. Quando Antonio fu in sulla piazza del Palazzo reale, lì sì che sbergolava, sicché a quegli urli deccoti anco il Coco del Re, che insenza tanti discorsi prese tutto 'l carico.
Dice Antonio:
- E lei chi è? Dev'essere un gran signore.
Arrisponde il Coco:
- Che! i' sono il coco del Re.
Dice Antonio facendo lo 'gnorante:
- Del Re? Chi ène il Re? Che vole dire un Re?
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