Il Re rimanette a bocca spalancata come ammaliato; poi scramò:
- Brava! altro che le mi' crazie a voi! I' son io che ho bisogno della vostra lemosina, con questo tocco di ricchezza che vo' possedete.
Insenza tanti discorsi il Re si mettiede accanto di quella ragazza a ragionare, sicché se ne 'nnamorò subbito, e nun la lassò per un bel pezzo, e quando gli conviense ir via, perché era tardi, lui gl'imprumesse di farla su' legittima sposa.
A male brighe partito il Re la vecchia domandò alla sua figliola:
- Che t'ha egli detto quel giovanotto?
Dice la ragazza:
- Guà! me n'ha dette tante! E poi ha finito col promettere di sposarmi.
- E te che gli ha' tu risposto? - dice la vecchia.
Dice la ragazza:
- I' gli ho risposto ch'i' ero contenta di fare il su' piacere quando lui voleva.
Scrama la vecchia:
- E del mi' permesso tu te ne sie' scorda, nun è vero? Ma va' pure, i' 'un ti trattiengo. Chi nun c'è, nun conta. Bada però che in nel partire di casa tu nun lassi nulla: piglia tutto; nun ti smenticare di nulla, insennonò poer'a te! Ci siemo 'ntese.
E scorruccita a quel mo' la vecchia si dilontana.
Passano dunque otto giorni, e deccoti il Re con la carrozza per menare la sposa al palazzo.
La ragazza volse prima vestirsi, pettinarsi e accomidare per bene tutta la robba del corredo, e con gran premuria badava di nun lassare nulla di suo arrieto, e quando gli parse d'aver preso ugni cosa, scendé giù alla vasca del giardino, addove c'era dell'acqua fresca e chiara, per lavare le su' mane e il viso: e perché gli rinuscisse più meglio, lei si cavò dal collo un bel vezzo rosso di carbonetto e l'attaccò lì a un ontano col pensieri di rimetterselo doppo; ma nella furia e in nel discorrire con il su' sposo che la pintava a sbrigarsi del vezzo lei se ne scordò, e monta dientro 'n carrozza insenza nemmanco cercar su' madre per fargli gli addii.
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