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      - Che eri te ita via?
      - Sì, pur troppo, i' ero ita via, - arrispondo la Sposa; - e m'ero scordo del mi' vezzo di corallo alla vasca, e quando son ritorna a pigliarlo e me lo sono messo, il collo mio bello s'ène trasmutato accosì. Mamma, mamma! rimediateci voi.
      Dice la vecchia:
      - Eh! ora de' rimedi nun ce n'è; 'gli è tardi. Te ha' volsuto fare a tu' capriccio, nun m'ha' detto nulla dello sposalizio, nemmanco addio, e po' ti sie' scordata del vezzo. Dunque, tientela codesta bruttezza, che sarà la pena della tu' disubbidienza.
      E' pianti e le suppriche furno inutili, ché la vecchia stiede forma e soltanto diede alla su' figliola uno sciallaccio vecchio di lana per coprirsi quel su' collo di pecora insino a casa del Re, e la sposa dovette rimontare 'n carrozza e andarsene a quel mo' imbruttita.
      Per istrada dice il Re:
      - Codesto sciallaccio nun [270] mi garba. Che ne fai accosì attorcigliato al collo?
      Arrisponde la Sposa:
      - I' ho freddo. Me l'ha dato la mamma per coprirmi.
      Arrivi però al palazzo nun ci fu versi di tiener niscosta la disgrazia, sicché al Re la su' sposa gli viense presto a noia, e tutta la Corte lo sbeffava per aver preso per su' moglie quel brutto Collo di Pecora.
      Al Re la scontentezza gli si vedeva dipinta 'n sul viso; 'gli era scontroso e arrabbiato con tutto il mondo e nun si divertiva più a nulla; la Regina su' madre badava a consolarlo, ma inutile, sicché finalmente un giorno sgomenta per il su' unico figliolo che nun gli s'ammalassi, gli disse:
      - Se te Collo di Pecora la vo' tienere, tienila pure, e insennonò rimandala e pigliatene un'altra di mogli.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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