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      Dimanda il pecoraio:
      - 'Gli è quello che cerca di lemosina per la via? Che gli avete dato qualcosa anco voi?
      Arrisponde Pipetta:
      - Sì, 'gli è quello. Ma i' gli ho dato poco, perché nun m'era resto che un soldo di tre che n'avevo; gli altri dua gli avevo dati a du' altri vecchini, e con quest'ultimo i' feci a mezzo e si comperò un tocco di pane.
      Dice il pecoraio:
      - Bravo il mio [276] giovanotto! Chi fa la carità, carità aspetti. Andate pure in nella stalla e trascegliete la pecora meglio a vostro piacimento.
      Pipetta diviato andiede dientro la stalla, e trovata la pecora più grassa, gli legò i piedi e poi se la mettiede a armacollo, e detto addio al pecoraio, riviense, che già nun ci si vedeva quasi più, dal vecchino che l'aveva mando.
      Quand'ebbano la pecora, Pipetta e il vecchino si arrizzorno e si messano per un bosco, addove con delle legne secche accesano un bel foco per cocerci la cena; e quando la pecora fu cotta, Pipetta ne porgeva de' pezzi al vecchino, i lombi, le cosce, la stiena.
      Dice il vecchino:
      - Dammi la corata, che quella mi garba più di tutto.
      Ma Pipetta la corata se l'era tutta presa per sé e già da un pezzo l'aveva 'n corpo, sicché arrispose:
      - La corata nun c'è.
      - Come nun c'è la corata? - disse il vecchino.
      E Pipetta:
      - Nonno, i' nun ce l'ho trova. Si vede che questa 'gli era una pecora insenza corata.
      Scrama il vecchino:
      - Tu aresti a essere un bel bugiardo. Tu l'ha' mangia per te di niscosto la corata, e ora te tu 'nventi che la pecora nun l'aveva.
      - Credetemi, nonno, - arrispose 'ntrepido Pipetta, - io delle corate nun glien'ho viste a questa bestia.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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