Il vecchino gli arrispose:
- Sì, Maestà. I' sono un dottore forestiero e di questi mali me ne 'ntendo e n'ho guariti dimolti. Ma bisogna stare a mi' comandamenti.
Dice il Re:
- Parlate pure: a' vostri comandamenti ci si starà, e se vo' guarite la mi' figliola, domandate quel che più vi garba, o lei per isposa e esser l'erede del Regno, o quattrini; 'gli è la listessa. Ma se nun la guarite e vo' siete un cantambanco, pena la testa, arricordatevi.
- Lei nun si dubiti, Maestà! - disse il vecchino.
- Un cantambanco i' nun sono, e la su' figliola gliela guarisco di sicuro. Lei mi faccia preparare una stanza disseparata, e che ci sia il forno e le legna per affocarlo, e mi consegni la su' malata. Ma badi in nella stanza i' nun ci vo' nissuno, fora che questo mi' giovanotto per aiuto.
- D'accordo, - disse il Re, e in un mumento tutto viense ammannito.
Infrattanto il vecchino aveva fatto il patto con Pipetta di dividersi la mancia, che gli sarebbe tocca, a mezzo; ma quando Pipetta vedde scaldare il forno e il vecchino buttarci drento la figliola del Re, si mettiede a cavalcioni della finestra con l'idea di scappare, lassando nelle peste il su' compagno; e nun ci fu ma' versi che lui volessi aitarlo il vecchino in quella operazione.
A capo di tre giorni il forno si freddò, e allora il vecchino con la granata fece un mucchio della cendere, ci disse sopra degli scongiuri e a un tratto saltò fora la figliola del Re bell'e rinsanichita. A quella vista Pipetta si scommosse, e alla cheta nuscì e andiede a trovare il Re per raccontargli della guarigione; pareva propio che l'autore fussi stato lui, tanto ne chiacchierava con impeto.
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Maestà Regno Maestà Pipetta Pipetta Pipetta
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